Mostre
Carla Accardi, Bertozzi & Casoni, Sandro Chia, Milena Dragicevic, Thomas Florschuetz, Aldo Mondino, Mimmo Paladino, Paolo Parisi, Antonio Riello, Antonio Trotta
Bologna
dal 30.03.2013 al 17.05.2013
A cura di: Galleria Enrico Astuni
Comunicato stampa: PDF
La Galleria Astuni di Bologna presenta all’interno dei suoi spazi in via Iacopo Barozzi 3, dal 30 marzo al 17 maggio 2013, la mostra Archetipi e transiti simbolici. La pittura ed altre forme radicali, a cura di Enrico Astuni.
In Archetipi e transiti simbolici. Pittura ed altre forme radicali l’arte istituzionalizzata dialoga con le sperimentazioni contemporanee, in un percorso espositivo di respiro museale che presenta una selezione di 30 opere pittoriche, scultoree, musive e fotografiche di maestri interpreti della storia dell’arte recente come Carla Accardi (Trapani, 1924), Sandro Chia (Firenze, 1946), Mimmo Paladino (Paduli, Benevento, 1948), Aldo Mondino (Torino, 1938), Antonio Trotta (Paestum, Salerno, 1937) e dell’arte più attuale come Bertozzi&Casoni (Giampaolo Bertozzi, Borgo Tossignano, Bologna, 1957 e Stefano Dal Monte Casoni, Lugo di Romagna, Ravenna, 1961), Milena Dragicevic (Knin, Croazia, 1965), Thomas Florschuetz (Zwickau, Germania, 1957), Paolo Parisi (Catania, 1965) e Antonio Riello (Marostica, Vicenza, 1958).
La natura dell’archetipo, forma del pensiero e dell’immaginario umano che amplia l’inconscio individuale in inconscio collettivo, dal quale si evolvono i simboli, appartiene alla stessa dimensione in cui si esprime anche la creazione artistica. Il fil rouge che unisce le opere di questa collettiva segue idealmente l’archetipo del viaggio e la rappresentazione simbolica in direzione della comprensione profonda della vita.
In mostra troviamo esposte recenti pitture viniliche di Carla Accardi come Direzione veloce, 2011, Lentamente trova l’ombra, 2010, Intenso rosso, 2008, Lunghe attese, 2008, in cui l’artista prosegue con estrema coerenza la sua ricerca astratta.
L’aniconicità di Accardi dialoga con i mosaici di Mimmo Paladino e Sandro Chia, due fra i massimi esponenti del movimento della Transavanguardia che ha segnato negli anni ’80 il ritorno alla pittura e alla figurazione. In mostra, di Paladino, Mosaico, 2012, in cui la pratica musiva continua a soddisfare le esigenze della tradizione iconica e simbolica, di Chia Enigma del volto, 2001, mosaico che appare come rappresentazione visiva della definizione di “archetipo” di Carl Gustav Jung: realtà in bilico tra lo psichismo e il somatico.
Ancora di Sandro Chia, le sculture in ceramica Riposo, 2005 e Senza titolo, 2003, opere che racchiudono in sé temi dell’uomo ed in cui la forma contiene e non tradisce gli stilemi caratteristici della Transavanguardia pittorica.
Di Aldo Mondino vibrante e ritmica La dance des Jarres, 1997, olio su linoleum, appartenente alla serie di opere di tema orientaleggiante che hanno caratterizzato la produzione e la poetica dell’artista nel decennio ’90. Il soggetto, simbolo culturale vivente e in movimento, rappresenta la danza circolare dei dervisci mawlaiyya, detti “dervisci giranti”, ispirata al simbolismo cosmico.
Ancora di Mondino, i bronzi Busto Arsizio, 1993 e Mamma di Boccioni, 1992, esempi paradigmatici delle sperimentazioni linguistiche e plastiche dell’artista torinese.
Di Antonio Trotta visibili in mostra tre sculture in marmo della serie Sospiri, 1999/2007, in cui l’artista infonde poeticamente nel marmo di Carrara forma all’essenza.
Paolo Parisi con la serie di olii su tavola Unitè d’abitation, 2013, reinterpreta simbolicamente attraverso l’astrattismo cromatico monocromo la teoria e la successiva realizzazione pratica delle Unité d’Habitation di Marseille di Le Corbusier, restituendo all’attenzione del pubblico uno dei punti di arrivo più importanti del Movimento Moderno. L’approccio metodologico di Antonio Riello si caratterizza per l’utilizzo dei simboli caratteristici di culture, luoghi e brand, applicati su sculture, oggetti, fotografie oppure utilizzati per performance.
In mostra la pistola PD Luger P08, 2003, il fucile FD shot gun Remington lungo (5), 2004, le mine BD US MK2, 2005, armi in ceramica finemente decorate poste sotto teche di plexiglas, ironici simulacri come cimeli dell’attuale, e per molti aspetti tragico, momento storico.
Così i jet Untitled (Jet), 2008-09 di Thomas Florschuetz, veivoli dismessi provenienti dall’arsenale in disuso di Tucson e restitituiti dall’artista attraverso il mezzo fotografico, “reliquie” di vestigia culturali di un passato recente, cui la lente ne ha astratto solo alcuni particolari.
Milena Dragicevic approccia i parametri della pittura da artista che ha scelto la pittura come unico mezzo espressivo, attraverso una rappresentazione del reale dove l’impatto iconico è animato da strati di significato. In mostra Subtitles (dittico), olio su tela, 2003 e Alpski, olio su lino, 2002 in cui i soggetti appaiono catturati da una forza centripeta di attrazione sul fondo che ne appiattisce la tridimensionalità, restituendoli in una nuova prospettiva, e forma simbolica.
Icone dell’impermanenza umana, le sculture in ceramica di Bertozzi&Casoni si caratterizzano per le implicazioni formali prepotentemente figurative combinate a implicazioni concettuali e astratte. In mostra Vassoio, 2012, paradigmatico esempio della produzione artistica del duo in cui l’iperrealismo formale si sposa con il surrealismo compositivo dando luogo a simbolici “memento mori” contemporanei.